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➢ Nel mondo si annidano miriadi di luoghi iconici. Pietre miliari che hanno assistito alla gestazione di idee rivoluzionarie. Alcuni, per l’impatto avuto poi dalle stesse, restano scolpiti nell’immaginario collettivo. Altri, sostanziati da un’idea altrettanto eccezionale ma dall’ascendente più di nicchia, sono invece sconosciuti ai più. Oggi vi racconteremo di un laboratorio, un ordinario opificio tra gli innumerevoli che si possono trovare a Merano. Un laboratorio, che nell’ambito del design de interiores, ha una valenza analoga al 2066 Crist Drive, laddove ha avuto inizio l’epopea di Steve Jobs e di Apple.

Nelle vesti dello Steve Wozniak di turno troviamo Arturo Eisenkel, pionieristico imprenditore che per primo intravide le potenzialità di un innovativo rivestimento polimerico. Siamo nel 1962 quando Dino Gavina e Cesare Cassina decidono di avviare una collaborazione con Eisenkel, non immaginando quanto saprà essere vincente. Nasce Flos, azienda ancora oggi leader nel settore degli impianti di illuminazione.

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Da Merano all’esposizione dei propri prodotti nei musei internazionali il passo è breve e lo si dovrà soprattutto alla suggestione di grandi designer, griffe prestigiose come i fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni. E’ a loro che si deve l’invenzione dell’Arco, un’intuizione dalla portata tolemaica e newtoniana. 

Newtoniana perché scardina l’ancestrale concezione nello spazio del punto luce. Fino ad allora ogni barlume era ancorato al soffitto, le iridescenze all’interno di uno spazio chiuso, erano mere propaggini della parete sovrastante.

Tolemaica nel mutamento del concetto di equilibrio, per la genesi della prima lampada a sospensione.

Con un paio di accorgimenti, essenziali per non contravvenire alle leggi basilari della fisica, il caratteristico foro nel soffitto dove applicare il punto luce, si rende superfluo. La base dell’arco è difatti rappresentata da una pesante lastra in marmo (all’incirca 65 kg), che nulla toglie al fascino di tale ideazione, semmai amplificandolo. Per ovviare al problema di praticità che poteva costituire un semplice spostamento, troviamo una fenditura, ove applicare una qualsiasi leva che renderà agevole il tutto.

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Per il resto Arco Flos è fantasia al potere: un’iride mozzato, Atlante inarcato dal peso della Luce, l’orizzonte degli eventi di un buco nero. Le ipotesi per indovinare l’origine dell’archetipo dell’Arco possono essere le più disparate e passano in secondo piano al cospetto dell’ammirazione estatica dell’ingegno umano, capace di intercettare bagliori di perfetta semplicità.

L’accuratezza dei dettagli e la ricerca dell’eleganza è ciò che invece contraddistingue la progettazione della Taccia; da quell’ispirato 1962, ulteriore perla del catalogo Flos. La concezione innovativa del design coniuga richiami dorici, con la base scanalata e il massiccio corpo in alluminio, e rimandi futuristici, con il diffusore in vetro trasparente e il riflettore in alluminio. Un’intuizione visionaria che antecede la capacità tecnologica dell’epoca, considerando che nel progetto originario il diffusore fu immaginato in materiale plastico.

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Grazie all’impiego di luce LED a bassa emissione di calore e di un diffusore in un materiale plastico più resistente alle alte temperature, Flos ripropone oggi uno dei diademi della sua collezione, nella pienezza di quell’idea, di sessant’anni orsono.

Oltre mezzo secolo da protagonista indiscusso del settore; FLOS è ormai un habitué del MOMA di New York, il rinomato museo sulla 53ª strada. Merito anche di eccelsi designer, in grado di esplorare nuove prospettive senza tradire il prestigioso retaggio.

In questa ottica Michael Anastassiades ripensa le lampade da terra Captain Flint e IC Light disegnate per Flos, riuscendo a eludere il legame gravitazionale. L’IC Light è una sfera che si libra a mezz’aria, sospesa in un equilibrio apparentemente precario. Il designer cipriota, in una recente intervista, ha asserito di essersi ispirato a un famoso giocoliere, tale Tony Duncan. Non avendo ammirato le performance di tale artista e forse soggiogati dalla magia insita nella creazione di Anastassiades, ci piace forzare le regole dell’antroponimia per poter ritrovare in quel giocoliere le prodezze balistiche di due tra i migliori cestisti NBA dell’ultimo ventennio.

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